L’aikidō – prima parte
La struttura essenziale della disciplina marziale e spirituale messa a punto da Ueshiba Morihei attraverso un percorso di elaborazione personale che dura decenni, può essere analizzata a partire dal nome stesso: aikidō che in giapponese è composto dai tre ideogrammi: ai che significa unione, ki energia e dō – la via.
L’armonia, ai
Il fondatore dell’aikidō nei suoi ultimi anni comincio ad associare l’ai di aikidō, armonia, all’ai di amore. Dalla pratica di uno deriva l’altro.
L’enfasi sull’armonia dell’aikidō richiama senz’altro la posizione pacifista di Onisaburō.
L’aspetto più importante e che si venga a creare una totale assimilazione (unione) con il partner, piuttosto che proiettarlo o immobilizzarlo. Dal punto di vista tecnico, ciò implica che occorre trattare con cortesia e attenzione le braccia e il corpo del compagno, come se fossero la propria spada o la propria lancia (similmente a ciò che rappresenta il pennello per un pittore o un calligrafo oppure il proprio strumento per un musicista).
Grazie a questo metodo di pratica, che a prima vista si discosta dai metodi delle altre forme di budō, è possibile sviluppare un tipo di allenamento di base che permette di affinare il principio dell’animo che non si confronta, e di effettuare il controllo dei propri sensi. La seguente citazione tratta dai discorsi di Ueshiba Morihei, chiarisce il punto di vista del fondatore:
L’amore non è lotta.
Ai (amore) non è lotta. Nell’amore non ci sono nemici. Colui che pensa di un altro che sia il nemico, colui che sta sempre lottando con qualcuno, e fin dall’inizio lontanodallo spirito/mente dell’Universo. Le persone che non riescono a raggiungere l’unione con lo spirito/mente universale non potranno mai ottenere l’armonia con i movimenti dell’Universo. Se non fosse cosi, lo sforzo marziale di ogni persona non sarebbe il vero bu, ma piuttosto il bu della distruzione. (continua)
Chiara Bottelli, nipponista, si occupa di turismo responsabile e artigianato