Budō come “invenzione moderna”

Dopo la restaurazione Meiji il contenuto delle arti marziali cambia ancora drasticamente. La finalità militare si perde del tutto insieme alle limitazioni di casta. Le arti marziali non sono più appannaggio esclusivo della casta guerriera ma si aprono alla popolazione nel suo insieme. In queste nuove circostanze la parola bujutsu viene abbandonata a favore del termine budō che implica un allenamento fisico guidato da precisi principi ideali.

Le arti del combattimento si avviano a diventare discipline sportive. Il periodo storico considerato vede anche l’opera di altri riformatori che sistematizzano l’insieme delle tecniche apprese nella propria specifica arte, recuperando e valorizzando gli aspetti più sportivi della tradizione. Il kenjutsu diventa kendō ad opera di Nakayama Hakudo (1873-1958), il jūjutsu, jūdō grazie al maestro Kanō Jigorō (1860-1938); il tiro con l’arco kyūjutsu, muta in kyūdō. Anche il karate, arte marziale originaria di Okinawa, viene assimilato alla tradizione giapponese e diventa karate dō, sotto la guida di Gichin Funakoshi (1869-1957) negli anni Venti e Trenta.

Chiara Bottelli, nipponista, si occupa di turismo responsabile e artigianato


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