Gagaku, tra organizzazione e istituzione
Affrontare la storia del Gagaku, come già scritto, è affrontare la storia musicale dell’Asia. Prima di addentrarci all’interno delle varie problematiche e classificazioni è bene chiarire come i giapponesi di allora approcciarono e in un primo momento risolsero l’importazione continua di musiche dall’estero. Poco prima dell’epoca Heian si rese necessario un codice che regolamentasse non solo l’apparato amministrativo statale ma anche la musica stessa. A questo scopo, su modello T’ang, venne stilato un codice penale e civile, chiamato Ritsu-ryō, in cui si prevedeva la costituzione di una vera e propria agenzia governativa preposta all’amministrazione musicale, ovviamente sempre in seno alla nobiltà di corte, chiamata Gagakuryō o utamai no tsukasa di competenza del Ministero per gli affari aristocratici ovvero il Jibushō. Tale istituzione era fondamentalmente preposta a un unica cosa, salvaguardare la musica originaria giapponese e organizzare, strutturare e infine insegnare i brani che così copiosamente arrivavano alla corte imperiale dopo ogni ambasciata in terra continentale. Al suo interno lavoravano insegnanti di vario tipo, divisi secondo le diverse categorie musicali che erano la wagaku, la musica autoctona, con un numero di persone di gran lunga maggiore rispetto alle altre tre discipline, la sankangaku o musica delle tre coree ed infine la musica derivante dalla Cina della dinastia T’ang, tōgaku. All’epoca della sua formazione si contavano al suo interno 364 studenti di musica e l’insegnamento era strutturato in modo tale che la cosa più importante era apprendere prima di tutto la tecnica della propria arte, a tal fine era utilizzato un trattato cinese dal titolo Gakushō yōroku importato da Kibi no Makibi nel 735, traducibile letteralmente con “Compendio di musica” e basato su una concezione profondamente confuciana della musica. Forse proprio grazie a questa morale legata all’idea di “Musica e Cerimoniale”, utilizzata sia in Cina che in Giappone come strumento di governo, il repertorio Gagaku e la musica importata in generale andò incontro a un lento ma inesorabile processo di spersonalizzazione che portò alla progressiva eliminazione di quasi tutti i caratteri di contrasto e che rende tale repertorio assolutamente unico all’interno dell’esperienza musicale giapponese.
Edmondo Filippini
Dottore magistrale in Musicologia presso l’Università Statale di Milano.
E-mail: filippiniedmondo@yahoo.co.jp