Cucina giapponese
Filosofia e tradizione
La ricerca della perfezione estetica è un dato ancora molto presente nella filosofia di vita giapponese: bellezza e rigore formale fanno parte al tempo stesso della tradizione e del quotidiano, anche in cucina. La cucina giapponese rappresenta un’esperienza unica nel suo genere, che coinvolge profondamente a diversi livelli. Non solo il gusto, ma anche la nostra sensibilità estetica viene piacevolmente sollecitata dalla bellezza impeccabile nella presentazione dei cibi, dall’armonia dei colori nel piatto e dall’equilibrio degli accostamenti.
L’appetito è stuzzicato in maniera irresistibile, le aspettative sensoriali amplificate. Un piatto è buono anche perché è bello a vedersi, e bellezza vuol dire cura estrema dei particolari, scelta attenta di stoviglie e utensili, anche per quel che riguarda la loro disposizione. Ogni pietanza prende forma nel suo piatto, ogni gesto è ripetuto all’infinito, perfezionato fino a rendere la preparazione del cibo simile a un rito antico.
Mangiare giapponese è in effetti un’esperienza culturale, che mette in contatto con una concezione religiosa e filosofica, quella buddista, dalla quale questa cucina trae i suoi principi fondamentali: al panteismo buddista sono riconducibili il forte legame con la natura e la ricerca continua di armonia con quanto ci circonda.
Seguire il ritmo delle stagioni nell’utilizzo degli ingredienti, oltre a essere un principio di buona salute, costituisce una norma imprescindibile, così come lo è il fatto di utilizzarli crudi o poco cotti, in modo che conservino le loro caratteristiche naturali nella forma e nel gusto: i sapori si devono armonizzare mantenendo ciascuno la propria essenza, senza confondersi.
Tratto da “Sushi Sashimi – L’arte della cucina giapponese”, Giunti 2004