Uji: città del Genji Monogatari

Per coloro che hanno letto ed amato il Genji Monogatari, vorrei oggi presentare un luogo imperdibile: Uji. Situata nei pressi di Kyoto e facilmente raggiungibile in treno, questa città di circa 188 mila abitanti è dal 1994 patrimonio dell’umanità dell’Unesco. E per chi ha avuto la fortuna di visitarla è facile capirne il perché.

Oltre ad essere amata come città del Byodo-in e famosa per la pregiatissima varietà di tè che si può trovare solo qui, è soprattutto nota per essere stata teatro degli ultimi capitoli del Genji, in particolare della tragica vicenda d’amore che ruota attorno all’antichissimo ponte della citta, l’Ujihashi. Infatti è proprio qui che, dopo la morte del Principe Splendente, ritroviamo Kaoru, nato dal tradimento della seconda moglie di Genji ma da lui riconosciuto come figlio, e di Niou, il nipote. Sebbene oggi Uji sia quasi praticamente stata inglobata nella periferia meridionale di Kyoto, all’epoca questa città viene descritta come un luogo remoto, quasi arcano. Qui i due giovani vivranno prima tormentate storie d’amore con due sorelle figlie di un principe, per poi innamorarsi della stessa donna, Ukifune. Quest’ultima, sedotta prima dall’uno e poi dall’altro, sarà infine così attanagliata dall’indecisione e dal rimorso, da decidere di buttarsi nelle tumultuose acque del fiume Ujigawa proprio da quel ponte che anche oggi rappresenta un punto nevralgico della città. Fortunatamente la vicenda di Ukifune non finisce in maniera così tragica come si potrebbe immaginare: salvata da alcuni pescatori la fanciulla sopravvive, sebbene decida poi di farsi monaca e ritirarsi ad Ono.

A ricordo di questi ultimi capitoli, la città conserva uno splendido museo dedicato all’opera di Murasaki Shikibu, mentre l’Ujihashi a tutt’oggi collega le due rive del fiume. Ormai nota come città del Genji, a Uji può capitare anche di imbattersi in statue che raffigurano non solo la grande autrice ma anche e soprattutto i personaggi che continuano ad essere attualissimi anche a mille anni di distanza e che la sua penna ha reso immortali.

 

Maria Bugno